Jacques Lacan ovvero dell’incomprensibilità. Hanno un bel dire i suoi epigoni che si tratta di un falso problema. Chiunque, tra i non addetti ai lavori, si sia cimentato con un Seminario, avrà avuto serie difficoltà nell’addentrarsi nel linguaggio assolutamente oscuro dello psicanalista francese. Va dato perciò atto alla casa editrice Astrolabio di una lodevole iniziativa culturale: la pubblicazione a inizio anno dei “Capisaldi dell’insegnamento di Lacan – L’orientamento lacaniano”, una “vulgata” della teoria psicanalitica lacaniana di Jacques-Alain Miller, curata da Antonio Di Ciaccia. Il libro arriva esattamente quarant’anni dopo l’inaugurazione, da parte di Miller del suo primo Corso presso il Dipartimento di Psicoanalisi all’Università di Parigi sull’insegnamento di Lacan, corso che si intitolava appunto L’Orientamento lacaniano, aperto due mesi dopo la scomparsa del Maestro francese. Le lezioni, articolate in più corsi, si sarebbero concluse trent’anni dopo, con l’ultimo corso: L’Uno-tutto-solo.
Quella di Miller è stata un’impresa tutt’altro che agevole: i Seminari di Lacan erano infatti orali e i testi tratti da resoconti stenografici cominciarono ad essere pubblicati in francese negli anni Settanta, sempre a cura di Miller che di Lacan era genero oltre che curatore testamentario.
La principale difficoltà di comprensione degli scritti di Lacan nasce essenzialmente dal fatto che la sua modalità di scrittura intendeva ricalcare la struttura dell’inconscio con tutte le sue oscurità e discontinuità. Fatto è che la sua teoria trovò epigoni entusiasti ma anche irriducibili oppositori, tante che la sua Societé francaise de Paris aspettò invano un riconoscimento da parte dell’IPA, l’associazione psicoanalitica internazionale. Dopo dieci anni Lacan decise così di fondare la sua Ecole Freudienne de Paris, successivamente sciolta e rimpiazzata con l’Ecole de la Cause freudienne.
Dicevamo della difficoltà di Miller di “tradurre” in testo scritto i seminari orali di Lacan. E’ lo stesso Miller a parlarci di questa difficoltà, ricordandoci che Lacan al Congresso di Roma del 1953 aveva definito gli “Scritti” una raccolta di scarti del suo insegnamento orale. Del resto, ci dice Miller “i suoi seminari partivano da appunti scarabocchiati su carta difficilmente decifrabili”.
Nel suo “Capisaldi dell’insegnamento di Lacan” Miller procede per temi così come sono stati i suoi corsi al Dipartimento di Psicanalisi dell’Università di Parigi durati con cadenza settimanale nientemeno che trent’anni. Il titolo del libro è anche il titolo del primo dei corsi ed è di straordinario interesse perché apre un’importante finestra sulle basi del pensiero lacaniano, a cominciare dall’inconscio strutturato come linguaggio e dallo stadio dello specchio.
Per Miller non è corretto porre alla base dell’insegnamento lacaniano la teoria dell’inconscio come linguaggio: l’intuizione primaria di Lacan – scrive Miller – è la divisione del soggetto, divisione che si ritrova nello “stadio dello specchio”. L’esperienza dello specchio è infatti un’esperienza di divisione del soggetto, in cui il soggetto ha una metà di se stesso al di fuori di sé. Ed è dalla divisione del soggetto che spunta il Super-io inteso come meccanismo di autopunizione, il canale che porta Lacan a passare dalla psichiatria e dai suoi studi sulla psicosi paranoica alla psicanalisi. L’idea dell’inconscio strutturato come linguaggio diventa per Lacan il suo punto di Archimede a partire dal quale sollevare l’insegnamento di Freud.
Di settimana in settimana il corso di Miller, di cui il libro è una traccia fedele, si snoda nel 1981 attraverso i temi fondanti del pensiero lacaniano, dal significante al desiderio, dall’Altro al godimento, dalla paranoia alla schizofrenia. Una lettura estremamente complessa ma affascinante, irta di ostacoli ma seducente, una sorta di sfida per i lettori più motivati ad avvicinarsi a Lacan.