DOTTOR KERNBERG, A COSA SERVE LA PSICOTERAPIA? di Manfred Lutz

Otto Kernberg è una figura tra le più eminenti della psicoanalisi mondiale. Novantadue anni,  origini austriache con cittadinanza statunitense, insegna psichiatria al Cornell University Medical College di  New York. E’stato inoltre presidente onorario e didatta dell’International Psychoanalytical Association (IPA). Autore di importanti saggi su temi come i disturbi della personalità e il narcisismo, dismette per una volta i panni del cattedratico di fama per sottoporsi ad un’intervista sull’utilità della psicoterapia. Autore dell’intervista Manfred Lutz, 67 anni, tedesco, anche lui psicoanalista oltre che teologo. Il tono è leggero, divulgativo, ricco anche di risvolti autobiografici. Il libro, edito da Cortina (235 pagine, 19 euro), si articola in due parti: la prima è strettamente dedicata al leit motiv dell’intervista, l’utilità della psicoterapia, la seconda è  biografica ma non in maniera esclusiva.

La teoria psicoanalitica è sempre lì, pronta a spuntare fuori tra un ricordo e l’altro di una vita straordinariamente intensa, che ha attraversato buona parte del Novecento a partire dai suoi anni più bui, quelli dell’ascesa al potere del Nazismo che da ebreo ha vissuto sulla sua pelle fino alla fuga nel 1939 con la famiglia prima in Italia e poi da qui in Cile. 

Si parte da un assunto che apparentemente sembra contraddire un fondamento della psicoanalisi: “La psiche – ci dice Kernberg – ha un fondamento biologico costituito da strutture cerebrali e neurotrasmettitori con la loro capacità di percepire”. Ma sono le percezioni che costituiscono il tessuto costitutivo della psiche, marcando il passaggio dai fondamenti biologici alla realtà intrapsichica, “che poi continua a svilupparsi fino ad arrivare ai sistemi di valori e ai principi filosofici e religiosi”.

Una volta accettato che la realtà psichica è fatta di relazioni, il passo verso la psicoterapia è assai breve: “Comportamenti preoccupanti e anomali – ci spiega Kernberg – sono dovuti a problemi verificatisi nei primi anni di vita e spetta allo psicoterapeuta portare alla luce le cause, in genere inconcepibile e ignote, della loro sofferenza psichica”.

Questa capacità di andare a scavare nel passato e nel profondo dell’animo umano fa della psicoanalisi per Kernberg lo strumento più idoneo ad affrontare problematiche psicologiche serie, quindi preferibile rispetto alla psicoterapia a orientamento cognitivo, che lavora prevalentemente sul “qui e ora”. Ma che cosa contraddistingue un bravo terapeuta? Kernberg è lapidario: sono importanti il sapere, l’onestà,un autentico calore umano, l’interesse per gli esseri umani, l’empatia e l’elasticità, la capacità riconoscere i propri errori e di imparare da essi. Quanto all’oggetto della psicoterapia, si tratta di “problemi che derivano da conflitti inconsci e che influiscono pesantemente sul comportamento di una persona mettendone gravemente a rischio la vita, la felicità, il successo, le possibilità di soddisfazione”.

I tempi della psicoterapia analitica sono inevitabilmente molto lunghi e oggi – ci spiega Kernberg – “c’è una tendenza generale a privilegiare i trattamenti comportamentali che sono più brevi. Nel panorama generale si va dai tre/sei mesi di alcune psicoterapie finanche ai cinque anni di analisi in presenza di casi molto seri. E si va affermando una tendenza a sostituire la psicoterapia con la farmacoterapia, impiegata troppo di frequente e a sproposito perché considerata più conveniente e meno impegnativa”.

A questo proposito, per restituire autorevolezza alla psicoterapia, secondo Kernberg, c’è bisogno di puntare con più convinzione sulla ricerca empirica e sulla verifica dei risultati: “Ogni scienza o progredisce o muore”. Tornando agli psicofarmaci, Kernberg non è in linea di principio contrario al loro uso. Anzi: “Gli psicofarmaci sono assolutamente fondamentali per il trattamento della schizofrenia o per disturbi bipolari. Anche le depressioni maggiori necessitano di farmaci. Purtroppo alcuni psichiatri non distinguono abbastanza bene depressioni gravi e lievi”.

I pazienti più difficili? “Quelli con tendenze autodistruttive estreme, il cui obiettivo primario è distruggersi lentamente perché vedono in questo un trionfo sulla vita, sul prossimo, in pratica su tutto: facendosi a pezzi sperimentano il loro potere sulla vita e sulla morte”. Ma anche gli psicoterapeuti possono essere “difficili” nel senso di pericolosi per il paziente. Non mancano purtroppo casi di analisti che non hanno risolto il proprio problema narcisistico e che approfittano della posizione di superiorità nei confronti del paziente per manovrarlo o, talora, per abusarne sessualmente. Si tratta – a quanto ci dice Kernberg citando una ricerca anonima – di una percentuale non proprio trascurabile, il tredici per cento.

Come dicevamo in apertura, siamo davanti a un testo divulgativo, facilmente accessibile per chi non maneggia agevolmente la teoria psicoanalitica di cui Kernberg è maestro fra i più illustri del Novecento. Domande e risposte sono in grado di soddisfare quelle curiosità che un po’ tutti hanno nei confronti della psicoterapia, aiutando a chiarire dubbi e perplessità sempre con toni garbati e misurati, mantenendo nei confronti del lettore un’apprezzabile neutralità. Un libro che può essere di stimolo per ulteriori e più approfondite letture nello sterminato campo della psicoterapia. 

 

 

 

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