L’editore Cortina è attivo da tempo nel campo delle neuroscienze, con un’attenzione particolare alla produzione degli autori statunitensi. E’ uscito per i suoi tipi “Mappe per la Mente” (euro 28) di Daniel J. Siegel, professore di psichiatria presso la facoltà di Medicina di Los Angeles, la mitica UCLA. Fedele all’approccio americano estremamente pragmatico, Siegel costruisce una “guida alla neurobiologia interpersonale”, così come recita il sottotitolo del libro. E il carattere di guida emerge forte già al primo approccio al testo, se ci si lascia guidare dalla curiosità. Ci si trova fra le mani un dizionario dove le singole voci, non organizzate in ordine alfabetico, hanno una propria autonomia nel senso che il libro può essere consultato a cominciare da qualunque capitolo. Va subito detto che la neurobiologia di Siegel non è esasperatamente organicista come buona parte della psichiatria made in Usa. Non a caso il titolo del libro ci parla di mente e non di cervello.
Per Siegel non è sempre il cervello a comandare i nostri comandamenti, le attività mentali non sono il prodotto di pattern di eccitazione neuronale. Quindi “se è vero che la mente ha origine dai flussi di energia nel corpo, è altrettanto vero che essa stessa può rientrare nel sistema e influenzarlo direttamente….La mente è autorganizzantesi: può plasmare il cervello e le relazioni”.
Intendiamoci, la presa di distanza dal versante più esasperato dell’organicismo statunitense non vuol dire che Siegel strizzi l’occhio alla cultura psicoanalitica. A marcare ancora una volta nettamente la differenza è la convinzione che ognuno possa, seguendo determinate regole, trovare la propria via verso il benessere mentale. E’ una fiducia cartesiana nelle potenzialità dell’Io che si pone in chiara alternativa a un secolo di psicoanalisi europea e non solo. Benché Siegel ammetta che buona parte della mente “non rientra in un’esperienza conscia”, comunque “è certamente possibile, impegnandosi nel presente e con un’adeguata pratica a lungo tempo, imparare a rendere questi processi impliciti prontamente visibili”. E’ un po’ la cultura del “self-made man” o, se volete, dell’ottimismo made in Usa: “Tutti ce la possono fare, basta volerlo”.