Christopher Bollas non smette di stupirci anche quando si limita a saggi di grande brevità. L’ultima sua creatura, appena 166 pagine (Cortina editore, euro 13) è sorprendente per concisione e al tempo stesso per profondità. Obiettivo puntato su tre tipi di carattere, come riassume il titolo: narcisista, borderline e maniaco-depressivo. Ritratti brevi ma estremamente incisivi: chi è Narciso? Lapidario e folgorante, a Bollas bastano poche parole per definirlo: è talmente preso dalla preoccupazione per se stesso che la relazione con l’altro diventa marginale. L’altro addirittura non esiste. Bollas distingue due tipi, il narcisista positivo e quello negativo. Quest’ultimo scinde il Sé e i suoi oggetti in idealizzati e non: gli oggetti non idealizzati sono oggetti denigrati, che sono la base del razzismo e del sessismo in quanto parti non accettate del Sé.
Il narcisista positivo invece ha una disponibilità diversa nei confronti degli altri, una disponibilità che è comunque finalizzata alla soddisfazione dell’immagine che ha del Sé. Di fronte alla consapevolezza del vuoto interiore che spalanca la porta della depressione, il narcisista positivo può trovare sostegno nell’analisi, mentre il negativo mira a distruggere il maggior numero di parti della propria vita, persone incluse e quindi nel suo mirino tra queste c’è anche l’analista.
La seconda figura oggetto dell’attenzione di Bollas è il borderline: al contrario del narcisista, il borderline non desidera liberarsi della propria sofferenza, ma la ricerca e si serve dell’altro col quale ha una relazione per attribuirgli la causa di questo dolore mentale incessante. Le sue relazioni sono perciò abitualmente molto conflittuali. Il rischio è di scivolare nella depressione: succede quando – scrive Bollas – <il Sé realizza che gli oggetti destinati a contenere tutto ciò che è indesiderato non sono più in grado si svolgere questa funzione>. E così <dopo un periodo di calma apparente egli improvvisamente si infuria e mette in atto un comportamento gravemente distruttivo… e questa può essere l’occasione in cui il borderline corre il rischio del suicidio>.
Il maniaco-depressivo è l’ultima figura presa in esame da Bollas: è il soggetto più grave dei tre, la sua sofferenza è reale e molto severa. Nella sua storia, scrive Bollas, <vediamo un bambino che non ha ricevuto alcuna gratificazione…e che vive in un mondo in cui la mancanza di elogi per il Sé produce un senso pervasivo di solitudine ed emarginazione>. E qui si apre sulla cura un capitolo estremamente interessante: Bollas non nega che la somministrazione di farmaci possa alleviare la sofferenza, senza interferire con il lavoro dell’analisi. Ma non si tratta di un intervento curativo: <L’unica soluzione che conosco è una psicoanalisi intensiva a lungo termine>. L’individuo sente che sta cadendo in depressione, che lo attende un mondo freddo, infernale e l’unico modo per uscirne è arrivare alla fase della mania che in questo caso rappresenta una “luce”in fondo al tunnel.
Nell’analisi dei tre tipi Bollas fa spessissimo riferimento alla figura dell’analista, il saggio è una sorta di manuale condensato per psicoterapeuti. Del resto, come lo stesso autore precisa, i saggi ripropongono il materiale delle conferenze tenute agli analisti che hanno partecipato al Chicago Workshop (1991-2007) e alla Arild Conference (1983-2010): come dicevamo, si tratta di un libro breve ma estremamente denso e di non sempre agevole lettura. Come scrive Bollas, i saggi presentati in questo volume presuppongono una certa familiarità con questa letteratura (Kernberg, Kohut, Searles, Green e Khan) e dunque si rivolgono ad una platea di specialisti. Ciò non toglie che anche il lettore meno addentro a certi argomenti, possa trovarvi spunti di grande interesse.