L’età dell’universo ammonta, anno più anno meno, a quattordici miliardi di anni. Come hanno fatto gli scienziati a calcolarla? Grazie al calcolo del tempo con cui la radiazione di fondo, un segnale che arriva dai confini dell’universo, giunge sulla terra alla velocità della luce. Se l’universo ha impiegato 14 miliardi di anni a raggiungere la dimensione attuale, è bastato riavvolgere all’indietro il “film” dell’espansione per scoprire una serie incredibile di dati sui suoi primi momenti di vita. I primi, attenzione, non l’attimo “zero” prima del Big Bang. Lì la scienza si ferma, non pretende di dare risposte, chi vuole può affidarsi alle religioni.
L’intervallo di tempo più breve oggi misurabile è il “tempo di Plank” (dal nome dello scienziato), un soffio che dura 1 secondo alla potenza “meno 43”, vale a dire 0,000…, fino a 43 zeri. Se con 9 zeri otteniamo un miliardesimo di secondo, provate a immaginare quanto sia breve un attimo con 43 zeri.
Al momento del Big Bang l’universo non era altro che una minuscola palla di fuoco, pura energia. Come ci spiega l’astrofisico John Gribbin nel suo denso saggio “L’Universo, una biografia” (Cortina Editore, pagg. 304, euro 24,00), un attimo dopo, “10 alla meno 39 secondi”, la densità della materia era tale che nella dimensione di un protone erano concentrati mille miliardi di stelle grandi come il Sole. Che cosa stava succedendo? Dall’esplosione di energia si stavano creando coppie di particelle che si annichilavano immediatamente creando nuova energia. Ma così si sarebbe andati avanti all’infinito dando vita solo ad energia e non alla materia di cui oggi è composto l’universo così come lo conosciamo. A svelare il mistero fu negli anni Sessanta lo scienziato russo dissidente Andrej Sacharov che spiegò come questo processo simmetrico fosse violato (in una misura del 13 per cento, accertarono verifiche successive): i barioni (protoni e neutroni che compongono la materia) non si annullavano sempre con i corrispondenti anti-barioni, ma “sopravvivevano” dando origine appunto alla materia. Tutto questo, avrete capito, in tempi pazzescamente brevi che non riusciamo neanche a immaginare.
Da quel momento l’universo si è espanso in continuazione. Continuerà a farlo per sempre? Ci sarà una fine? Al momento tre sono le ipotesi su quel che potrà accadere. La prima prevede che le stelle, Sole compreso, esauriscano il carburante diventando delle “Nane bianche”, semplice brace stellare. Nel giro di qualche trilione di anni, l’universo potrebbe “spegnere la luce”, protoni ed elettroni che formano la materia decadranno e l’universo “evaporerà” in energia oltre che in particelle e antiparticelle che si annichileranno reciprocamente.
La seconda ipotesi è quella del “Big Rip”: l’universo ancora oggi sta addirittura accelerando la propria espansione, un fenomeno che ha fatto ipotizzare l’esistenza di un’energia oscura, la sola che possa imprimere nuova velocità alle galassie che si allontanano le une dalle altre. Se questa forza espansiva non si attenuerà, la distanza fra le galassie, e al loro interno fra stelle e pianeti, aumenterà al punto che le altre forze, in primis quella di gravità, non riusciranno a contrastarla. A un tratto la materia non riuscirà più a restare compatta, stelle e pianeti esploderanno in una apocalittica disintegrazione che arriverà a frantumare persino i singoli atomi.
Terza e ultima ipotesi, il “Big Crunch”: se l’energia oscura dovesse indebolirsi col tempo, arrivando ad assumere valori negativi, la forza di gravità ne verrebbe esaltata. L’universo comincerebbe così a contrarsi sempre più, riavvolgendo all’indietro il film della propria origine: la temperatura del cielo sopra il nostro pianeta raggiungerebbe punte uguali a quelle della superficie del Sole. A un milionesimo delle dimensioni attuali, le stelle cominceranno ad esplodere. A un miliardesimo delle dimensioni attuali, i nuclei della materia si sgretoleranno in protoni e neutroni. A un trilionesimo, le stesse particelle saranno disintegrate in un brodo cosmico della temperatura di un trilione di gradi. Come scrive John Gribbin “a pochi secondi dal collasso definitivo dell’universo, le leggi della fisica che conosciamo, cesseranno di funzionare e succederà qualcosa di meraviglioso. Ma non ci sarà nessuno per vederlo”.