Uno dei punti controversi della teoria e della pratica psicoanalitica è sempre stato il trattamento dei pazienti psicotici. Freud escludeva che potessero essere psicoanalizzati. Di diverso avviso era Jung che anzi al Burgholzli di Zurigo lavorò intensamente sulle psicosi. Col tempo la psicoanalisi, intesa come movimento internazionale, ha messo a punto teoria e tecnica d’intervento superando l’impasse causata dalla difficoltà di arrivare a un transfert soddisfacente.
Alla cura dei pazienti psicotici ma non solo, è dedicato il libro di Franco De Masi “Lavorare con i pazienti difficili” (Bollati Boringhieri, 265 pagg. , 28 euro).
Per De Masi c’è un minimo comune denominatore che contraddistingue i pazienti difficili: l’assenza emotiva dei genitori o, dalla parte opposta, un loro eccesso di intrusività psicologica. Di qui la mancata costituzione nel paziente, a partire dall’infanzia, di una struttura mentale capace di comprendere la realtà psichica, un inconscio emotivo che favorisce la capacità di percepire e trattare le emozioni. .
Ma quali sono i disturbi che De Masi giudica “difficili”? Oltre alle psicosi, alcune patologie della sessualità fra cui la pedofilia e il transessualismo, le perversioni sessuali, certe forme di dipendenza da Internet. Più sinteticamente, sono difficili i pazienti perversi, i borderline e gli psicotici. Questi ultimi rappresentano per l’analista il massimo grado della difficoltà, in quanto al contrario dei perversi che . Esemplare per De Masi è il transfert che nel nevrotico è determinato dalle vicende infantili e può essere quindi oggetto di elaborazione, mentre nello psicotico è frutto di una produzione delirante e va quindi assolutamente prevenuto.
Ma il nodo principale da sciogliere resta il ritiro psichico che il paziente mette in atto: . Determinante, come si diceva, la privazione da bambini di un’esperienza capace di strutturare la loro mente. Per De Masi l’analista . A questo punto l’esito della terapia dipendera’“dalla capacità dell’analista di creare un posto specifico nella sua mente per l’analizzando e dalla disposizione del paziente a considerare l ’analista un oggetto trasformativo indispensabile per la sua crescita”.