Nelle neuroscienze c’è una corrente di pensiero molto forte che riconduce senza esitazioni ogni fenomeno “psichico” al neurobiologico. La psicoanalisi non vi trova accoglienza se non per citazioni affatto marginali che quasi ne rafforzano il senso di esclusione. Non si discosta da questa impostazione Antonio Damasio, illustre scienziato e professore di neuroscienze a Los Angeles, autore per Adelphi de “Il Sé viene alla mente” (463 pag., € 32).
Damasio parte nel suo viaggio alla ricerca del sé dai processi vitali più elementari, constatando come alla base del loro funzionamento ci siano ciechi automatismi che non hanno bisogno di una coscienza. Solo in un secondo momento la coscienza interviene, ma esclusivamente per prenderne atto, non certo per attivarli. Il passaggio successivo è la formazione della mente attraverso il prodursi incessante di mappe da parte del cervello che registra attraverso i cinque sensi qualsiasi fenomeno si produca all’interno quanto all’esterno del nostro corpo. Il corpo, grazie a queste mappe, entra a far parte della mente: un meccanismo che per Damasio consente di superare il dualismo cartesiano “mente-corpo”.
Lo step ulteriore è il passaggio dalla mente, sorta di contenitore delle mappe costruite dal cervello, alla coscienza che per Damasio è quello stato della mente in cui vi è “conoscenza della propria esistenza e di quella dell’ambiente circostante”. La coscienza dunque “permette all’organismo di diventare consapevole della propria condizione”. Prima dello sviluppo della coscienza, la vita degli organismi era regolata dagli automatismi fisiologici. Naturalmente – ci dice Damasio- sono occorsi milioni di anni nell’evoluzione perché si arrivasse alla costruzione di una mente cosciente. Emozioni (piacere e dolore, ad esempio) e sentimenti (intesi come consapevolezza delle emozioni) sono risposte neurobiologiche della mente che portano attraverso un continuo processo evolutivo alla formazione della coscienza.
Damasio è ben consapevole di muoversi su un terreno fortemente accidentato: “La comprensione del modo in cui il cervello costruisce una mente cosciente rimane un’impresa incompiuta…L’idea di avere una solida comprensione di quello che il cervello è e fa, è pura follia. Nondimeno, ogni anno sappiamo qualcosa di più rispetto all’anno precedente”. La sua elaborazione resta connotata, come dicevamo in apertura, da un’impostazione esclusivamente neurobiologica. Non è quindi un caso che per lui l’inconscio abbia un’impronta essenzialmente genetica. Ma Damasio lascia comunque una porta aperta alle influenze culturali attraverso l’idea di un inconscio cognitivo, uno spazio di libertà conquistato da un’autoeducazione che influenzi le risposte dell’inconscio così che la cultura possa prevalere sulla natura. E’ il Sé che si ribella ai meccanismi automatici di condizionamento elaborando norme di comportamento sovraindividuali attraverso un processo che dai primordi dell’umanità si è via via affinato fino all’era moderna: è la nascita delle società.