Filosofi e scienziati non smettono di interrogarsi sul tempo: dimensione assoluta o relativa, o addirittura inesistente? Fino ad Einstein il tempo aveva da sempre avuto una sua ben precisa dignità e autonomia. Il genio austriaco però si era divertito a demolire una delle più incrollabili certezze dell’umanità picconando contemporaneamente anche l’autonomia dello spazio e fondendo l’uno e l’altro in una nuova dimensione: lo spazio-tempo. L’esperienza quotidiana d’altro canto ci porta ad individuare una freccia del tempo costantemente rivolta in avanti: la direzione nella nostra mente è inconfutabilmente orientata dal passato verso il futuro attraverso il presente.
La seconda legge della termodinamica viene a sostegno di questa sensazione: la crescente entropia con il conseguente disordine ci indicano una freccia del tempo in continua progressione dal passato al futuro. La premessa di questa conclusione è che tutto sarebbe iniziato con il Big Bang: dal punto zero l’universo avere iniziato lungo una linea ben precisa un processo di espansione infinito e unidirezionale governato dalla entropia progressiva e inarrestabile.
Barbour sostiene invece che il Big Bang, originatosi in un punto preciso, il Punto di Giano, abbia dato luogo ad un’espansione in due universi su due direttrici esattamente opposte, con il tempo che procede anch’esso su due binari opposti. Un osservatore all’interno di uno dei due universi non si renderebbe conto di ciò: per lui il tempo sarebbe inesorabilmente diretto dal passato verso il futuro. Ma per Barbour “l’associazione dell’aumento dell’entropia con l’aumento del disordine è certamente vera per i sistemi confinati nell’universo” ma non vale per tutto l’universo in sé. Anzi, nell’universo in sé sarebbe determinante l’entassia, l’inverso dell’entropia, una sorta di tendenza all’ordine che preserverebbe l’universo dal temuto Big Crunch: una gigantesca contrazione dovuta, secondo parte degli scienziati, alla diminuzione progressiva della espansione: l’universo, secondo questa teoria, ad un certo punto smetterebbe di espandersi e avrebbe meglio la forza di gravità che lo porterebbe a contrarsi fino a implodere. Una soluzione che decisamente non piace a Barbour che, di fondo ottimista, preferisce teorizzare un universo in continuo, costante equilibrio.