La genialità di Albert Einstein è ovviamente fuori discussione. Le sue teorie
hanno impresso una svolta senza precedenti alla fisica moderna, ma pochi sono a conoscenza della sua straordinaria versatilità e curiosità verso aspetti anche apparentemente minimali della scienza applicata. Nel 1926 Einstein lesse su un giornale di Berlino che una famiglia era morta a causa delle esalazioni emesse da un frigorifero difettoso. La notizia lo colpì al punto da indurlo a mettersi a studiare e progettare frigoriferi più sicuri, il che gli procurò finanziamenti da parte della AEG e della Elettrolux. Vale qui la pena di ricordare che, ancor prima di dare alla luce i suoi articoli sulla fisica e sulla relatività ristretta, Einstein aveva pubblicato tre articoli sulla Termodinamica, “la sola teoria fisica di contenuto universale – aveva scritto nel 1949 nelle su Note autobiografiche – che, sono certo, non sarà mai sovvertita”.
Come ci ricorda l’ingegnere e giornalista scientifico Paul Sen nel suo libro “Il frigorifero di Einstein” (Bollati Boringhieri, pag. 405, euro 25) la termodinamica “è lo strumento che dà un senso al nostro universo…Senza i concetti di energia, entropia e temperatura, tutta la scienza – fisica, chimica e biologia – risulterebbe incoerente”.
Molti di noi sottovalutano ancora oggi l’importanza delle leggi della termodinamica. Paul Sen con pochi esempi ci mette davanti ad aspetti della realtà inimmaginabili, eccone uno: “Ogni volta che un singolo transistor passa da acceso a spento per rispondere ad una domanda sì/no, dissipa nell’ambiente circostante a 10 milionesimi di milionesimi di joule di calore”. Una cifra insignificante, impalpabile se non fosse che “in un solo chip 10 milioni di transistor si accendono e si spengono un miliardo di volte al secondo: ciò significa – spiega Sen – che un chiodo con una superficie di un centimetro quadrato può facilmente disperdere calore a un tasso di diversi joule al secondo (ossia decine di watt). Se il transistor continuerà a ridursi alla stessa velocità con cui l’ha fato negli anni Sessanta, ogni centimetro quadrato della superficie di un chip formato da questi transistori rilascerà calore a un tasso di mille kilowatt”.
Una delle dimostrazioni più eclatanti del “peso” della termodinamica negli sviluppi della fisica e in particolare dell’astrofisica ci viene dagli studi di Stephen Hawking e di Jacob Bekenstein: la scoperta dell’energia emessa dai buchi neri e battezzata come “radiazione di Hawking” è il frutto di una straordinaria sintesi delle conoscenze della relatività generale, della meccanica quantistica e della termodinamica.
Paul Sen ricostruisce con grande minuziosità gli sviluppi della termodinamica dagli inizi, tornando indietro nel tempo fino ai primi anni dell’Ottocento e agli studi di Lazare Carnot, e via via passando per Maxwell, Boltzmann, fino ad arrivare ad Einstein e poi ad Hawking in una panoramica ricca di curiosità ed esperimenti che ci introducono in un comparto della scienza troppo spesso sottovalutato.