MOLTI INCONSCI PER UN CERVELLO di Paolo Legrenzi e Carlo Umiltà

Il progredire delle neuroscienze   ha riproposto  con forza negli ultimi anni la questione del libero arbitrio. Ci si sta chiedendo da tempo se le decisioni che prendiamo consapevolmente siano in realtà anticipate dal nostro cervello e messe in atto ancora prima che ce ne rendiamo conto. Le tecniche di neuroimaging hanno consentito di verificare quali aree del cervello siano coinvolte in determinate azioni e soprattutto quale relazione temporale esista fra l’impulso cerebrale e la consapevolezza della decisione. Tema di grande fascinazione al quale due accademici (Paolo Legrenzi, professore emerito di psicologia all’università veneziana di Ca’ Foscari, e Carlo Umiltà, professore emerito di Neuropsicologia all’università di Padova) hanno dedicato un libro edito da il Mulino, “Molti inconsci per un cervello” (pagg. 205, euro 15). Un’ampia serie di esperimenti di laboratorio ha consentito agli autori di dimostrare la capacità del cervello di agire precedendo, sia pure di frazioni temporali minime, l’intervento della coscienza. A garantire questo automatismo di risposta sarebbe la sedimentazione a livello filogenetico nell’arco di centinaia di migliaia di anni di innumerevoli esperienze che orienterebbero il nostro agire come un faro nella notte.  Sarebbe nato così l’inconscio cognitivo, guidato dall’evoluzione darwiniana.

A questo inconscio naturale si è affiancato negli ultimi decenni un inconscio cognitivo artificiale, sviluppatosi in maniera convulsa di pari passo con il crescere di Internet. “Le multinazionali – scrivono gli autori – usano le nostre interazioni sulla rete per profilare i nostri gusti e le nostre preferenze e per creare categorie di consumatori e/o elettori, che poi diventano un bene <commerciabile> sotto il nome pomposo di big data …Una mano invisibile che regola la rete intesa come mercato, rete che però si è rivelata una mano sapientemente e a nostra insaputa, nascosta”.

Ovvio che quando si parla di inconscio, si faccia immediato riferimento a Freud e alla psicoanalisi. Gli autori però sono chiari: i contenuti dell’inconscio cognitivo sono comunque “qualitativamente uguali ai contenuti consci”, ma soprattutto “non dobbiamo fare i conti con loro”. Dunque, nessuna “concorrenza” fra i vari tipi di inconscio che possono tranquillamente coesistere l’uno accanto all’altro, sia pure su livelli ben differenti. E qui torna il discorso sul libero arbitrio: difficile che l’inconscio cognitivo possa influire più di tanto su decisioni di ampia portata, agendo essenzialmente nell’ambito di risposte a stimoli sensoriali. L’inconscio di matrice freudiana ha ben altro impatto sulla coscienza, condizionandone spesso e volentieri gli spazi di autonomia. Qui sì che il libero arbitrio rischia di essere frenato, coartato, messo nell’angolo da impulsi che affiorano dalle profondità più remote e misteriose dell’essere.  L’impressione conclusiva è che ci sia ancora molto da esplorare nell’ambito del funzionamento del cervello e che le neuroscienze possano riservarci ancora tante sorprese.

 

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