Da tempo gli scienziati, e in particolare i neurobiologi, sono impegnati nel tentativo di definire come si formi la coscienza e dove risieda. Un movimento di pensiero che ha presentato e continua a presentare posizioni molto distanti: si va dal riduzionismo più esasperato di Patrizia Churchland (che si definisce neurofilosofa e che riconduce la coscienza ad un’esclusiva attività neuronale) alle aperture alla psicologia di Antonio Damasio. Ci muoviamo in un milieu essenzialmente nordamericano che spesso vede come fumo negli occhi psicoanalisi e psicologia. Non mancano naturalmente tentativi di mediazione, ma l’impostazione di fondo resta poco orientata verso la dimensione umanistica, privilegiando invece l’aspetto “neuro”. Cortina Editore, sempre attenta a quanto c’è di nuovo nel mondo scientifico statunitense, pubblica “I quattro mondi dell’uomo – Una nuova teoria dell’io” di Joseph LeDoux (396 pagine, euro 26).L’autore, un neurobiologo di fama internazionale insegnante presso il Center for Neural Science e presso il dipartimento di Psicologia della New York University dove dirige l’Emotional Brain Institute, identifica nell’essenza dell’uomo quattro mondi, in una scala che va dal più semplice al più complesso: il biologico, il neurobiologico, il cognitivo e il cosciente.Mondo biologico e neurobiologico includono il primo gli organismi più semplici, unicellulari, il secondo gli organismi pluricellulari di cui gli animali, comparsi circa ottocento milioni di anni fa, rappresentano lo stadio più alto: la caratteristica peculiare è la comparsa del sistema nervoso. Sono questi stadi tappe dell’evoluzione che l’uomo riassume in sé insieme al livello cognitivo che appartiene anche a numerosi altri esseri viventi.
La differenza tra uomo e il resto del mondo animale la marca ovviamente il quarto livello, o per dirla con LeDoux, il mondo cosciente. E qui il discorso si fa complesso, nel senso che sul concetto di coscienza e la sua definizione entra il gioco anche la filosofia, che finisce inevitabilmente per entrare in rotta di collisione con la neurobiologia. LeDoux, strizzando in qualche modo l’occhio a Freud, descrive stati “precoscienti” che in una fase successiva sfocerebbero in stati coscienti grazie al contributo della memoria e alla capacità narrativa dell’individuo. La coscienza consisterebbe quindi in questa capacità di raccontarsi.
LeDoux, va detto subito, non fa sconti: la sua costruzione è estremamente complessa e di non facile comprensione per chi non è addentro alla neurobiologia e ai suoi tecnicismi. Resta, come abbiamo appena detto, questa concessione allo psichico nella formulazione di un modello mentale non cosciente che contribuirebbe alla formazione della coscienza. Ma lo spazio per psicologia e filosofia si riduce inevitabilmente fino a sfiorare lo zero.