“Siamo fatti della stessa materia di cui sono fatti i sogni”: la celebre frase, scritta da Shakespeare tra il 1610 e il 1611 nel quarto atto de “La Tempesta”, rende meglio di qualunque altro commento quanto l’attività onirica sia fondante per la nostra stessa esistenza.
Sui sogni sono stati scritti fiumi di inchiostro, a firma di psicologi, scrittori, neuroscienziati, artisti, ognuno con il suo punto di vista, spesso tutto e il contrario di tutto. Vittorio Lingiardi, psichiatra e psicoanalista, professore ordinario di Psicologia dinamica alla Sapienza di Roma, ha scelto un’altra strada, quella di raccontare come nella storia dell’umanità i sogni siano stati oggetto di innumerevoli quanto diverse interpretazioni. Ha visto così la luce “L’ombelico del sogno” (Einaudi, pag. 177, euro 12), titolo quanto mai evocativo: era Sigmund Freud a coniare l’espressione nel suo celebre “L’interpretazione dei sogni”: “Questo è allora l’ombelico del sogno, il punto in cui esso affonda nell’ignoto”.E sempre Freud consegnava ai posteri la frase certamente più significativa nella sua lapidarietà di tutta la sua immensa produzione letteraria: “L’interpretazione dei sogni è la via regia per la conoscenza dell’inconscio”.
Quel che è certo, in un campo così avvolto nelle nebbie dell’indeterminazione e dell’impalpabilità, è che i sogni dagli albori dell’umanità hanno esercitato un fascino potentissimo sull’uomo. Lingiardi ci ricorda della presenza al Louvre di due reperti di terracotta provenienti dall’Iraq e risalenti al 2000 avanti Cristo con la descrizione di tre sogni del sovrano di Lagas. Altra testimonianza di grande rilievo arriva dall’epopea di Gilgamesh, racconto epico della Mesopotamia ricco di mille sogni. Ma è con Platone – ci ricorda Lingiardi citando il grecista Dario Del Corno – che il sogno inizia a trasferirsi da una dimensione fisiologica a quella psicologica. Ma è nella Bibbia la traccia più importante di come il mondo antico abbia tenuto in grande considerazione il sogno, che diventa strumento di comunicazione fra Dio e gli uomini. Tra i tanti quello del Faraone sulle sette vacche grasse e le sette vacche magre: sogno che sarà chiamato ad interpretare Giuseppe figlio di Giacobbe, con la previsione di sette anni di abbondanza seguirti da sette di carestia.
E dai secoli delle divinazioni e delle profezie, saltiamo a Freud e alla costruzione della psicoanalisi partendo tra l’altro da un sogno dell’Edipo Re. Freud, Jung, Bion: Lingiardi ci pone davanti i giganti della teoria psicoanalitica, affrontandone le diverse interpretazioni del sogno. Infine dagli anni ruggenti della psicologia dinamica approdiamo alle neuroscienze che da una cinquantina d’anni in qua provano a dare una nuova lettura dell’attività onirica, spesso in contrapposizione alle interpretazioni psicoanalitiche.
Visioni differenti di quei viaggi fantastici nei quali la mente umana si avventura, elaborando ricordi d’infanzia, desideri, ossessioni, paure, navigando – conclude Lingiardi il suo libro – “la notte indaffarata delle onde cerebrali come visioni al tempo stesso sacre, mentali, sinaptiche”.
E Lingiardi, una vita dedicata allo studio dei sogni, ci ricorda che “i sogni sono nostri, l’ultimo spazio di vita privata, forse di libertà”.